Chi si barrica dietro alla trita frase media "l'ironia non viene mai capita", non ragiona su una cosa: se l'ironia è strumentale a un attacco gratuito e un po' grossolano, la fazione attaccata non avrà nessuna voglia di capire. Nè di ridere. Questo ho pensato quando ho visto la locandina del Gruppo Gay dell'Università Statale di Milano, la locandina al centro di mille polemiche -che, confesso, un sorriso a me l'ha strappato. Ma poi mi sono messo nei panni dei cattolici, e mi è venuto da piangere.
Perché cercare lo scontro a tutti i costi non è una soluzione che possa favorire il dialogo, e senza il dialogo non si trovano le soluzioni. Perché promuovere una rassegna di cinema gay in questo modo significa escludere dalla cultura gay chi non è gay ed è cattolico, o simpatizzante cattolico, o non cattolico ma che potrebbe, per empatia, stare dalla parte lesa - dunque significa ghettizzare, e di riflesso ghettizzarsi ancora di più. E che dire dei gay cattolici (ce ne sono, ce ne sono)? Per loro, un Papa, anche un ex Papa, anche un Papa criticabile per le sue idee sugli omosessuali, è pur sempre la più alta carica ecclesiastica. Il tormento di chi ha fede e cerca di aderire alla Chiesa Cattolica pur essendo omosessuale, magari anche fiero, viene spazzato via da un colpo di ombretto.
E' il ridicolo il problema. Quel buttarla sul "ridere" che non fa progredire niente. Quella risata che ci seppellirà tutti. Non riesco a trovare l'immagine davvero blasfema- la trovo solo sciocca, fastidiosa. Un'occasione buttata. Quello che mi dispiace è l'immagine di cultura gay che fa passare: cultura dell'eccesso e della provocazione senza fine. Quelli che sono i nostri tratti peculiari dovremmo sforzarci di comunicarli, non di sputarli in faccia a chiunque, anche se ci disprezza. Perché noi siamo superiori.
di Marco Lolli
Fonte: GAY.tv
